Solidali con Anna Maria Messina Walsh

Niente barriere architettoniche, ma strutture idonee per i diversamente abili anche nelle Chiese. Questa la vittoria che spera di ottenere dall’America, all’Italia, fino all’Australia, se sostenuta dall’altisonante vox di Papa Francesco.

Si avvicina la festa del Natale ed è vero che la solidarietà e l’affetto sembrano essere dei doni del cielo. In un pomeriggio piovoso parte l’intervista per una persona speciale, un’italoamericana che ci affascina sin da subito. Bellissima, due occhioni grandi, che catturano lo sguardo di chi la osserva. In un’intervista per via Zoom mostra la risolutezza delle sue idee e ci concede il permesso di registrazione. È Anna Maria Messina Walsh, nata a Militello di Catania. Ci tiene molto nel volerci precisare di essere del paese del presentatore siciliano più bravo e importante degli ultimi 40 anni, Pippo Baudo. Si è trasferita a New York nel 1965 e vive tuttora in uno dei suoi distretti, a Brooklyn. Si è sposata, ma purtroppo, vedova da circa 10 anni di Pietro Walsh, suo marito. Anne Marie, come il suo nome è divenuto in America, è un personaggio interessante e di grandi peculiarità. La invitiamo a raccontarsi, a parlarci un po’ di lei, così risoluta nella voce e nel temperamento. Il suo italiano è comprensibile, tuttavia chiede scusa di continuo, se non riuscirà del tutto a farsi comprendere. La tranquillizziamo, confermando il suo permesso di registrazione. Ci spiega che lei è nata normale, ma quando era bambina una brutta malattia, la poliomelite, non l’ha fatta più camminare.

Il medico aveva detto a sua mamma che non avrebbe recuperato, per via dei muscoli, che non avevano più forza. Il giorno di Sant’Antonio di Padova, all’età di 4 anni, si è sentita miracolata. Durante la processione, al passaggio della statua del Santo, la bambina si è alzata e ha camminato, come dal suo racconto. Ne ha parlato “Il Messaggero” dei frati, così riferisce. Poi a 14 anni le furono tolti i ferri dalle gambe ed ha subito tante terapie dolorose. Poi ancora tre incidenti e il Covid, quindi l’uso di una sedia a rotelle. Deve fare ancora tanta riabilitazione per permettere alle sue gambe di reintegrarsi. A cosa serve, grida Anna Maria, non poter usufruire di quegli elementi che possano renderle la vita normale? Il suo è un grido, una lotta, a favore delle persone diversamente abili. Bisogna abbattere le barriere architettoniche, scalini, porte strette, pendenze eccessive, spazi ridotti. Quando era ragazzina desiderava andare nella scuola cattolica, ma mancavano le strutture adatte per frequentare e non vi ha potuto studiare, come le altre bambine della sua età. È per ciò che bisogna offrire, insomma, la possibilità a chi è diversamente abile, soprattutto, di frequentare anche le Chiese. Anna Maria invoca, con una lettera, Papa Francesco, che vorrebbe incontrare di persona o sentirlo almeno al telefono, perché la gente invalida non sia abbandonata a sè stessa. Non parla solo per sè, ma per tutti coloro che ne hanno bisogno e che si trovano nelle medesime condizioni. La persona che gli è stata di grande aiuto in questa campagna è stato Monsignor David Cassato, che definisce un Angelo custode e a cui vuole dire grazie di cuore. Anna Maria sente fortemente di ringraziare un’altra amica che le ha infuso coraggio. È il grande senso di solidarietà, offerto dalla giornalista Josephine Maietta, conduttrice della trasmissione radiofonica “Sabato italiano” di Radio Hofstra University di New York per la diffusione in Radio. Anna Maria Messina, insieme alla sua organizzazione, no-profit “Onora Italian Fellowship Inc”, non finirà di lottare, se non prima otterrà i risultati per questa giusta causa, che daranno un pizzico di felicità a chi è meno fortunato.

Sarà la vittoria che spera di ottenere dall’America, all’Italia, fino all’Australia, se in questa campagna sarà sostenuta dall’altisonante vox di Papa Francesco. Sidney e Melbourne le sono care, in quanto ha delle cugine che abbraccia dall’altra parte del mondo. Nella sua lotta per la dignità umana grida con forza, affinché chiunque abbia una diversità possa sentirsi finalmente normale.

Questo potrebbe essere il segno del Santo Natale, per chi soffre ed ha sofferto in silenzio. “Basta! È giunto ormai il momento di far ascoltare la mia voce”, conclude.

Kettymillecro55@gmail.com

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